LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPO NELLE DECISIONI DI MERITO DELLA CORTE DI CASSAZIONE del 2002
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LA TIPOLOGIA E LA NATURA DELLA NOTIZIA DIFFAMATORIA"
LA DIFFAMAZIONE SI PUO’ REALIZZARE ANCHE MEDIANTE L’ACCOSTAMENTO O L’ACCORPAMENTO DELLE NOTIZIE –

Quando ciò produce un’espansione di significati (Cassazione Sezione Terza Civile n. 2066 del 13 febbraio 2002, Pres. Lupo, Rel. Durante).

Nel difficile bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto del singolo all’onore ed alla reputazione assume particolare rilevanza il limite. L’analisi giurisprudenziale ha evidenziato che il limite può venire in considerazione, oltre che sotto il profilo della correttezza formale dell’esposizione, sotto quello sostanziale, da individuare in ciò che è strettamente necessario per soddisfare l’interesse generale alla conoscenza di determinati fatti di rilievo sociale. L’indagine sul limite postula la valutazione delle parole nel momento dinamico, poiché esse, combinandosi con la funzione semantica delle modalità con le quali è fornita la notizia, possono generare ulteriori significati.
Tale indagine, che deve essere orientata verso il risultato finale della comunicazione, non può in particolare prescindere dai seguenti elementi: 1) accostamento di notizie, quando esso sia dotato di autonoma attitudine diffamatoria; 2) accorpamento di notizie che produca un’espansione di significati; 3) uso di determinate espressioni nella consapevolezza che il pubblico le intenderà in maniera diversa o addirittura contraria al loro significato letterale; 4) tono complessivo della notizia e titolazione.







NON SOLO I CONTENUTI DELLE CONVERSAZIONI TELEFONICHE, MA ANCHE I LORO DATI ESTERNI SONO PROTETTI DAL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA – In base all’art. 15 della Costituzione (Cassazione Sezione Sesta Penale n. 9331 dell’8 marzo 2002, Pres. Romano, Rel. Colla).
Giuseppe F., consigliere comunale, è stato ritenuto, dal Tribunale di Napoli, responsabile del reato previsto dall’art. 326 cod. pen. (rivelazione di segreti di ufficio) per essersi fatto dare da un impiegato della SIP i tabulati del traffico telefonico comunale ed in particolare quelli relativi ai telefoni cellulari in dotazione al sindaco e ad alcuni assessori e per avere divulgato in una conferenza stampa i dati così ottenuti, dai quali risultava che i cellulari erano stato usati anche per fini extra istituzionali (compresi i collegamenti con linee “hard”). Il consigliere ha proposto appello sostenendo che egli aveva agito nell’interesse generale, in relazione all’esigenza di controllo dell’attività della pubblica amministrazione. La Corte di Appello di Napoli ha rigettato il ricorso, in quanto ha escluso che l’imputato avesse diritto ad accedere ai dati della Sip e di divulgarli.
Questa decisione è stato confermata dalla Suprema Corte (Sezione Sesta Penale n. 9331 dell’8 marzo 2002, Pres. Romano, Rel. Colla), che ha affermato la prevalenza, in materia, dell’esigenza di rispettare il diritto alla riservatezza, tutelato dall’articolo 15 della Costituzione. L’art. 15 – ha affermato la Suprema Corte – protegge tanto la segretezza dei contenuti delle conversazioni, quanto la riservatezza concernente i dati esterni ad esse, relativi ai destinatari delle comunicazioni, agli orari etc.; per tutelare la pubblica amministrazione il consigliere avrebbe dovuto limitarsi a chiedere l’intervento dell’Autorità giudiziaria, mentre non gli era consentito divulgare dati riservati in una conferenza stampa

*************ANNO 2001 = LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE CHE L'AVVOCATO STEFANO TESORO RITIENE DI MAGGIORE IMPORTANZA
IL CRONISTA DEVE CONTROLLARE LA VERIDICITA’ DELLE INFORMAZIONI RICEVUTE IN VIA CONFIDENZIALE DALLA POLIZIA GIUDIZIARIA –

Prima di utilizzarle per un servizio giornalistico (Cassazione Sezione Quinta Penale n. 41135 del 19 novembre 2001, Pres. Foscarini, Rel. Nappi).
Roberto R., redattore dell’Agenzia Giornalistica Italia, ha partecipato ad una conferenza stampa tenuta dai carabinieri in occasione dell’applicazione a Giuseppe V., sovrintendente dei beni culturali del Lazio, della custodia cautelare in carcere per imputazioni connesse all’esercizio delle sue funzioni . Terminata la conferenza stampa, un carabiniere gli ha detto riservatamente che nell’abitazione dell’indagato erano stati ritrovati reperti archeologici sospetti. Il giornalista ha inserito questa informazione in un servizio diffuso dalla sua agenzia. La notizia è risultata falsa. Il sovrintendente ha querelato il giornalista per diffamazione.
L’imputato si è difeso invocando l’esimente putativa del diritto di cronaca: egli ha cioè sostenuto di avere ritenuto attendibile la notizia per averla ricevuta da un carabiniere. Il Tribunale di Roma ha condannato il giornalista e la sua decisione è stata confermata dalla Corte di Appello. Il giornalista ha proposto ricorso per cassazione sostenendo di avere diritto all’esimente putativa del diritto di cronaca.
La Suprema Corte (Sezione Quinta Penale n. 41135 del 19 novembre 2001, Pres. Foscarini, Rel. Nappi) ha rigettato il ricorso. La confidenza di un ufficiale di polizia giudiziaria – ha affermato la Corte – non può considerarsi di per sé attendibile e va pertanto controllata dal giornalista; le informazioni date dalla pubblica amministrazione possono essere ritenute di per sé attendibili solo quando siano date in forma ufficiale

 



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